USA e UE: lo smantellamento dello stato sociale

La battaglia del sistema finanziario internazionale per il controllo della gestione del bilancio degli stati sovrani e per l’estrazione del valore contenuto nei programmi di welfare si combatte in maniera parallela ma con meccanismi diversi nelle due sponde dell’Atlantico. Il momento centrale di questa battaglia è, però, sempre rappresentato dal controllo della politica degli Stati, avendo come obbiettivo il reddito e il patrimonio di cittadini, famiglie e lavoratori. Negli Stati Uniti lo smantellamento dello stato sociale e la progressiva deregulation del mercato finanziario risalgono all’inizio degli anni ’80, con la Reaganomics. Essi causarono un aumento della diseguaglianza tra le varie fasce sociali e un progressivo deterioramento della domanda aggregata che cominciò ad avvertirsi già negli anni ’90.

La possibilità di una crisi da carenza di domanda venne attenuata e alla fine evitata grazie alla creazione di due bolle finanziarie: il boom legato ad Internet negli anni ’90 seguito nel primo decennio del nuovo secolo dalla bolla dei mutui subprime molto più estesa sia in termini di ammontare sia in termini di soggetti coinvolti. Per cercare di reagire alla diminuzione di domanda creatasi grazie alla progressiva diminuzione dei salari negli Stati Uniti, la Fed seguì una politica di abbassamento dei tassi di interesse e, quindi, di espansione monetaria, accompagnata, durante l’amministrazione Bush, da una significativa riduzione delle imposte sui dividendi delle imprese e sui capital gains[1]. Tutto questo fornì il carburante per l’innescarsi della bolla immobiliare. La capacità di spesa delle famiglie mediane o a reddito basso fu alimentata dalle banche tramite il sostegno all’acquisto immobiliare, che serviva a sostenere i consumi attraverso il meccanismo di rivalutazione degli stessi causato dalla bolla. In pratica il deficit spending è stato dato in appalto ai privati. Come evidenziato in Figura 1, all’inizio del primo decennio del secolo si è verificato un sostanziale arresto della progressione del reddito disponibile e quindi della possibilità di accedere ai  consumi.

 

Figura 1 – Andamento di alcune variabili macroeconomiche negli USA – 1990 – 2017  (numeri indice su dati trimestrali – base 1990)

 

Fonte: Federal Reserve Bank – St. Louis.  Rapporto debito/PIL sull’asse di destra.

 

In concomitanza alla caduta dei consumi, i tassi di interesse per il credito al consumo hanno cominciato a scendere sostenendo, quindi, una nuova crescita dei consumi e innescando una bolla speculativa (sub-prime)[2] , che alla fine del decennio si è scaricata sul debito pubblico statunitense. Tutto questo ha causato un immenso drenaggio di risorse dai cittadini (e dal welfare) verso il sistema finanziario, causando nel contempo un aumento molto forte del deficit di bilancio finalizzato soprattutto al salvataggio dello stesso sistema finanziario.

In Europa il meccanismo di drenaggio dei redditi delle famiglie è stato mediato dai meccanismi di funzionamento dell’euro e dal controllo delle politiche degli Stati nazionali tramite i vincoli europei al deficit e al debito. Il primo decennio del secolo è stato caratterizzato anche nell’area euro da un calo dei tassi d’interesse che ha favorito diverse bolle immobiliari (Spagna e Irlanda) tramite il reinvestimento dei surplus di bilancia commerciale dei paesi del Nord in attività speculative nei Paesi del Sud. Lo scoppio delle bolle immobiliari (in Spagna e Irlanda) e la raggiunta consapevolezza da parte dei mercati finanziari che la dissociazione tra gestione del debito e gestione della politica monetaria avrebbe portato all’impossibilità della gestione degli interessi sul debito stesso (in Grecia e Portogallo e successivamente in Italia) ha scatenato la crisi dello spread e dell’Euro e, di conseguenza, ha messo in pericolo i crediti vantati dalle banche sia nazionali che estere. L’andamento sincrono delle variabili macroeconomiche può essere osservato comparando le figure che seguono, e che presentano l’evoluzione dei tassi di interesse per il credito al consumo, dei consumi individuali e del rapporto debito/PIL, per un sottoinsieme di Paesi dell’Euro rappresentati dal leader (Germania) e dai Paesi del Sud, i cosiddetti Pigs (Italia, Spagna e Grecia). In Figura 2  vengono presentati i numeri indice dei tassi di interesse per il credito al consumo per l’insieme dei Paesi elencato sopra. Come si nota il calo dei tassi di interesse è stato generalizzato ma molto più accentuato per i Paesi che partivano da livelli più alti come Grecia, Spagna e Italia. In Germania rimangono fondamentalmente immutati.

 

Figura 2 – Andamento dei tassi di interesse per il credito al consumo per alcuni Paesi dell’area Euro – 2000–2018 (numeri indice su dati trimestrali – base 2000)

Fonte: BCE

 

I tassi risalgono solo con la crisi dei sub-prime nel 2007-2008. E’ interessante però evidenziare la correlazione tra la diminuzione dei tassi di interesse per il credito al consumo e l’andamento dei consumi individuali in riferimento agli stessi Paesi e allo stesso periodo (Figura 3). Come si può notare per Spagna e Grecia si assiste ad un incremento esponenziale dei consumi individuali rispetto alla Germania e perfino rispetto all’Italia. Praticamente i consumi indotti dall’abbassamento dei tassi in generale (e di quelli per credito al consumo) hanno creato varie bolle speculative nell’area Sud dell’Euro aumentando la spesa per consumi e l’indebitamento privato.

 

Figura 3 – Consumi individuali per alcuni Paesi dell’area Euro – 2001–2018  (numeri indice su dati    trimestrali – base 2001)

Fonte: Eurostat

 

Con lo scoppio della bolla speculativa dei sub-prime in America si assiste allo scoppio della bolla anche in Europa, con più gravi conseguenze soprattutto per i Paesi dell’area Sud, testimoni di una crescita drogata dai bassi tassi dovuti all’euro. Successivamente si assiste anche ad un drenaggio di risorse pubbliche verso il sistema finanziario privato mediato, però, dalle istituzioni dell’euro. Gli squilibri generati sui mercati esteri e i conseguenti disavanzi del settore privato si sono scaricati, con l’acuirsi della crisi, sul bilancio pubblico (Figura 4), veicolati dalla diminuzione delle entrate fiscali e dall’aumento della spesa per il sostegno alla disoccupazione e alle perdite bancarie. In questo modo si è praticamente generato un meccanismo di socializzazione delle perdite delle imprese private.

 

Figura 4 – Rapporto debito/PIL per alcuni Paesi dell’area Euro – 2000–2018  (numeri indice su dati    trimestrali – base 2000)

Fonte: Eurostat

 

Il debito ha raggiunto via via traguardi sempre maggiori, accelerando negli anni compresi tra il 2011 e il 2014, anche a causa della politica pro-ciclica dei tagli alla spesa e dell’aumento delle entrate in quasi tutti i Paesi dell’Euro tranne che in Germania, che ha potuto usufruire dell’”effetto calamita” sui capitali che rientravano dai Paesi del Sud (ormai considerati troppo a rischio) e quindi di un tasso di finanziamento del proprio debito pubblico eccezionalmente basso, a tal punto che  da risultare negativo in certi periodi.

 

 

 

 

[1] Guadagni speculativi in conto capitale; ossia dovuti non all’interesse sul titolo ma all’aumento, nel tempo, della quotazione sui mercati del titolo stesso.

[2] Nei mercati finanziari anglo-sassoni, e in particolare statunitensi, vengono definiti sub-prime quei prestiti concessi a soggetti che non possono avere accesso ai tassi di interesse di mercato a causa della loro rischiosità dovuta, a sua volta, alla pregressa storia debitoria e a situazioni finanziarie non solide. I debiti sub-prime hanno quindi alimentato la bolla speculativa incentrata sul mercato immobiliare negli USA.