Gli eventi recenti in Ucraina mostrano chiaramente come questo paese stia sul punto di perdere la guerra contro la Russia. E questo nonostante gli immensi aiuti che Kiev ha ricevuto da parte dei paesi europei e degli USA, soprattutto in armi, ma anche per quanto riguarda l’addestramento, l’intelligence e per ciò che riguarda la stessa sopravvivenza dello Stato ucraino, da tempo al collasso economico.
La tanto sbandierata controffensiva dello scorso anno, che nei piani di Kiev avrebbe dovuto portare alla riconquista di tutti i territori occupati dalla Russia, Crimea compresa, si è rivelata un colossale fallimento: gli ucraini sono riusciti a prendersi soltanto il modestissimo villaggio di Robotyne, che oggi peraltro è conteso e che rischia di ripassare di nuovo in mano ai russi. Ma il dato più significativo è che questi ultimi, dopo aver conquistato l’anno scorso la strategica città di Bachmut (o Artemovsk) nelle ultime settimane hanno preso un’altra città, forse meno grande, ma particolarmente strategica, ossia Avdiivka, la quale fino a poco tempo fa appariva quasi inespugnabile, per quanto era stata fortificata dagli ucraini. Oltre a ciò, vi sono diversi segnali che rivelano come l’esercito di Kiev si trovi sempre più in difficoltà e potrebbe essere prossimo al collasso.
Questo fatto dovrebbe servire in teoria da stimolo per incominciare ad intavolare negoziati di pace, che arrivati a questo punto converrebbero un po’ a tutti (almeno in Europa) e soprattutto agli ucraini, ma i paesi occidentali – USA in testa – sono di tutt’altro avviso.
Le recenti dichiarazioni del Presidente della Francia Emmanuel Macron, che ipotizzano l’intervento di truppe occidentali in Ucraina, suonano sinistre, se pensiamo alle conseguenze che questo passo potrebbe avere. La presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen ci mette il suo carico, invitando la UE a produrre più armi.
Non è chiara la posizione degli Stati Uniti in merito, dal momento che da una parte le dichiarazioni ufficiali sembrano rifiutare la proposta, ma dall’altra il capo del Pentagono Lloyd Austin l’ha rilanciata. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov peraltro ha fatto notare che le truppe NATO sono di fatto già presenti da tempo in Ucraina, anche se in modo informale.
A complicare ulteriormente la situazione c’è anche la Transnistria, regione separatista della Moldova, la quale ha richiesto l’intervento dei russi contro quest’ultima. Non è dato sapere tuttavia se Mosca abbia intenzione di intervenire – almeno in questa fase – correndo così il rischio di aggravare il clima, in un contesto in cui gli occidentali sembrano cercare qualunque pretesto pur di versare benzina sul fuoco (vedi anche la vasta eco mediatica, chiaramente strumentale, data alla morte di Navalny).
Questa situazione presenta due risvolti: da una parte sembra evidente come Stati Uniti, UK e UE si trovino in grossa difficoltà, per non dire nel panico, avendo constatato negli ultimi due anni come la Russia, contrariamente alle loro previsioni, non solo non sia collassata economicamente e non stia perdendo la guerra – sulla cui necessità aveva insistito anche uno come Mario Draghi – ma appare molto più forte economicamente, a livello internazionale e soprattutto sul punto di vincere il conflitto.
Dall’altra parte, tuttavia, questa difficoltà potrebbe portare ad una pesante escalation, dalla quale potremmo uscirne veramente male. Il rischio che si vada ad un conflitto nucleare è sempre più forte. Gli avvertimenti di Putin sono chiari.
Contemporaneamente prosegue il genocidio dei palestinesi nella Striscia di Gaza ad opera di Israele di Netanyahu, nel sostanziale silenzio – assenso degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali – Italia compresa – i quali si limitano semplicemente (quanto ipocritamente) ad invitare il premier israeliano a contenersi nei massacri, senza però condannare la cosa. È di pochi giorni fa la notizia che è stato addirittura fatto fuoco sulla popolazione che aspettava gli aiuti umanitari, causando oltre cento morti. Ormai siamo arrivati a superare i trentamila morti, quasi tutti civili e in gran parte bambini.
Anche nello Yemen prosegue l’attacco degli Houthi contro le navi che commerciano con Israele, e non solo. Ciò sta arrivando a creare un quasi blocco dello strategico Stretto di Aden, che non mancherà di avere ripercussioni e livello economico anche in Europa e in Italia.
Una riflessione si pone: perché l’intervento diretto degli occidentali in Ucraina viene prospettato più da (alcuni) leaders europei, che non da Washington?
Ciò potrebbe spiegarsi col fatto che gli USA, anche in vista di una assai probabile vittoria alle prossime presidenziali di Donald Trump, vogliano in parte disimpegnarsi dalla guerra alla Russia (pensando forse anche di salvarsi nel caso si arrivi ad un conflitto nucleare?), lasciando l’onere agli europei. Ciò permetterebbe loro di concentrarsi in futuro soprattutto sul contrasto al loro vero nemico strategico numero uno, ossia, la Cina.