È di pochissimi giorni fa la notizia che il Ciad, per voce del ministro delle forze armate Idriss Amine Ahmed, ha invitato il contingente militare degli Stati Uniti a fare le valigie e a lasciare il paese. Viceversa, i soldati francesi non hanno ricevuto lo stesso invito (almeno finora), anche se non è da escludere che il benservito non possa presto giungere anche a loro, dal momento che il presidente, Mahamat Idriss Deby, ha già stretto accordi con la Russia in direzione di un rafforzamento della cooperazione tra i due paesi.
Non è cosa da poco un simile ‘schiaffo’ dato agli USA da parte di un paese geograficamente centrale nell’Africa Subsahariana, anche perché non si tratta certo di un fulmine a ciel sereno.
Negli ultimi 2-3 anni, e soprattutto da un anno a questa parte, sono in aumento i paesi dell’Africa Centrale e Occidentale i quali stanno portando avanti una politica di allontanamento dai paesi europei e dagli USA, segnatamente dalla Francia, la quale, come è noto, ha mantenuto una certa egemonia nell’area fino ai giorni nostri.
Il caso più clamoroso, o quantomeno quello che ha avuto maggior risalto mediatico e che ha fatto più discutere, è stato quello del Niger. L’anno scorso l’ex premier filoccidentale Mohamed Bazoum, è stato esautorato e al suo posto è subentrata una nuova giunta, la CNSP (Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria) con a capo il neo-presidente Abdourahamane Tchiani, un generale dell’esercito. Il nuovo governo, con una decisione che ha fatto notizia, ha letteralmente espulso il contingente militare francese dal paese, suscitando l’ovvia contrarietà di Parigi, ma anche degli altri paesi della regione legati a questa. In compenso, però, ha incassato l’appoggio di altri due paesi importanti nell’area: il Mali e il Burkina Faso, i quali avevano già effettuato un passaggio simile negli anni scorsi.
I tre paesi ‘ribelli’ si sono messi in contrasto con l’Ecowas – un organismo che raccoglie i paesi dell’Africa Occidentale e che in sostanza è uno strumento dell’imperialismo euro-americano, soprattutto francese – il quale ha minacciato di adottare misure di ritorsione nei loro confronti. Per tutta risposta il Mali, il Burkina Faso e adesso anche il Niger sono usciti da quell’organismo.
Come se non bastasse, l’egemonia politico-economica e militare francese e occidentale nella zona sta subendo un altro colpo, con la recentissima elezione nel Senegal di Bassirou Diomaye Faye, nonostante i tentativi di scongiurare tale esito da parte dell’ex premier, con l’arresto di Faye (poi messo di nuovo in libertà dal tribunale) e il rinvio delle elezioni.
Il nuovo presidente del Senegal ha già espresso in modo chiaro le sue intenzioni, che sono quelle di sganciarsi dal dominio neo (post) coloniale dei paesi occidentali e di portare avanti riforme nel senso di una redistribuzione della ricchezza a favore del popolo.
Al di là dell’importanza geo-strategica, i paesi citati (quindi Mali, Burkina Faso, Niger, Senegal e Ciad, ai quali si potrebbe aggiungere anche il Sudan) hanno un peso significativo anche a livello economico, in quanto abbondanti di petrolio, gas e anche uranio.
Ma ciò che preoccupa maggiormente la Francia e gli altri paesi occidentali è anche il fattore – esempio che i paesi ‘ribelli’ possono suscitare, incoraggiando anche altri paesi dell’area ad adottare misure simili, spinti certo anche da pressioni interne.
A livello più generale una cosa appare evidente, ossia l’indebolimento dell’egemonia euro – americana nel Continente Africano e il progressivo rafforzamento di quella della Russia, della Cina e in generale dei paesi del Brics+.
Le dinamiche in corso sopra descritte infatti sarebbero state impensabili se non ci fosse stato contemporaneamente un notevole incremento dei rapporti economici, politici – e in alcuni casi perfino di collaborazione militare – da parte questi, ma anche di altri paesi africani.
Infine le due guerre in corso stanno dando un ulteriore impulso in tal senso: quella in Ucraina, in quanto Mosca è chiaramente in procinto di vincere il conflitto, nonostante abbia contro tutti i paesi occidentali, ossia quelle che fino a poco fa erano considerate le più grandi potenze economico-militari. Dimostrando così a tutto il mondo che queste non sono invincibili.
Quella nella Striscia di Gaza, in quanto gli stessi paesi – USA in testa – continuano a sostenere, in parte ad aiutare o quantomeno a non condannare Israele, nonostante stia commettendo un vero e proprio genocidio nei confronti del popolo palestinese, il che incide non poco sul prestigio e sulla credibilità dell’Occidente.