BOLIVIA, A DISPETTO DEL GOLPE STRAVINCE IL MAS

Le elezioni presidenziali tenutesi domenica 18 ottobre in Bolivia hanno visto uno strepitoso successo del candidato Luìs Alberto Arce, del MAS (Movimento Al Socialismo) di Evo Morales, che ha ottenuto il 52,4% dei voti – quindi la maggioranza assoluta – già al primo turno.

Un grande trionfo, che è doppiamente importante poiché viene a distanza di quasi un anno dal colpo di Stato del novembre 2019, che, con la scusa di mai dimostrati brogli elettorali, aveva esautorato l’allora neoeletto presidente Evo Morales. Tale golpe – lo ricordiamo – portò alla presidenza una parlamentare di destra (non eletta, ma subito riconosciuta dagli USA e dall’Unione europea), Jeanine Añez, e costrinse lo stesso Morales alla fuga prima in Messico e poi in Argentina.

Questo successo elettorale è una chiara vittoria di popolo. Il MAS, infatti, rappresenta i settori popolari, spesso poveri, del paese, i quali sono per lo più autoctoni, ossia di etnia india.

 

Il neopresidente Luis Arce (detto “Lucho”; in spagnolo “lucha” vuol dire “lotta”), già ministro dell’economia sotto le passate presidenze di Evo Morales, ha le idee molto chiare sulle politiche economiche da intraprendere, essendo stato un fautore degli investimenti pubblici e avendo sempre puntato a sviluppare l’economia boliviana non solo tentando di industrializzare un paese nel quale hanno sempre prevalso l’agricoltura e il settore estrattivo, ma anche e soprattutto grazie al rafforzamento del mercato interno, attraverso politiche che potremmo definire di “welfare state”, di redistribuzione della ricchezza in favore dei ceti popolari.

 

Questa vittoria del MAS è importante ovviamente per la Bolivia, ma lo è anche un po’ per tutta l’America Latina. E non soltanto perché il neoeletto presidente ha già annunciato che intende ristabilire i rapporti diplomatici con Cuba e il Venezuela bolivariano – troncati a suo tempo dalla ex presidente golpista – ma anche perché tale vittoria rappresenta già la seconda sconfitta di un tentativo di golpe, dopo quello, peraltro fallito in partenza, di Guaidò in Venezuela, e sembra segnare un inizio di ripresa della stagione progressista nel continente, dopo lo stop di quest’ultimo decennio (si veda anche la vittoria del presidente progressista Fernandez in Argentina).

E a subire un tremendo smacco non è soltanto la borghesia locale, la parte ricca della Bolivia, i possidenti, ma anche e soprattutto gli Stati Uniti, i quali, come al solito, tanto per non perdere il loro vecchio vizio, avevano appoggiato – e di sicuro anche preparato, organizzato e finanziato – il golpe dell’autunno scorso.

Il problema, ora, è quello di consolidare questo successo. Infatti le forze sconfitte non staranno certo a guardare e tenteranno di sicuro qualcosa per cercare di riprendere il controllo del paese andino.

 

La Bolivia, pur essendo sempre stato, almeno finora, un paese relativamente marginale, sta acquisendo tuttavia, sempre più, una certa rilevanza economica, soprattutto per via della sua industria estrattiva, e, in modo particolare, per la grandissima presenza di litio. Recentemente è stato scoperto che questo paese possiede una quantità enorme di questo prezioso minerale, forse la più alta al mondo.

Il litio è una componente fondamentale per le batterie ad esempio degli smartphone, ma anche delle vetture elettriche e di tanto altro.

Logico che gli appetiti delle grandi multinazionali sulla Bolivia – quelle che hanno appoggiato il colpo di Stato del novembre scorso – si facciano sentire.

Una cosa, però, è certa: il popolo boliviano è con il MAS e le forze imperialiste non se ne sbarazzeranno così facilmente.