Sono ben note le vicende delle ultime due settimane accadute attorno alla Striscia di Gaza, ossia l’attacco di Hamas a Israele – che curiosamente sembra aver colto di sorpresa quest’ultimo, pur essendo dotato di uno dei servizi segreti considerati tra i più efficienti al mondo, il Mossad – seguito dalla risposta estremamente brutale di Nethanyahu in teoria contro Hamas, ma di fatto contro l’intera popolazione palestinese di Gaza.
Non è certo la prima volta che accadono cose del genere, ma ora la questione si presenta assai diversa dal solito e per più di un motivo.
Intanto per l’entità del numero delle vittime: tra israeliani e palestinesi stiamo già, dopo una decina di giorni, a oltre 4 mila morti, in grande maggioranza – neanche a dirlo – palestinesi. E tutto lascia pensare che siamo soltanto all’inizio.
Poi perché questa volta, a differenza delle altre, Israele non si limita a bombardare la Striscia di Gaza, ma sta preparando un’invasione di terra, il che rischia di produrre seriamente un’escalation e di coinvolgere altri paesi, come il Libano, l’Iran, la Siria e altri ancora.
Il terzo motivo – il più importante – risiede nel fatto che è profondamente mutato il contesto politico generale, i rapporti di forza tra le varie potenze.
È finito il tempo in cui gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza mondiale e quindi esercitavano un’egemonia indiscussa a livello globale, con Israele, il quale, un po’ per forza sua e soprattutto per i suoi stretti legami strategici con Washington, deteneva a sua volta la supremazia sul Medio Oriente.
Oggi gli States stanno attraversando una fase di declino. Contemporaneamente l’ascesa della Cina (prima economica, ora sempre più politica e militare), il rafforzamento della Russia e il suo nuovo protagonismo e l’emergere di vari organismi internazionali, basati su questi due paesi (la SCO e soprattutto il BRICS+, che vedrà l’ingresso di altri sei importanti paesi dall’inizio dell’anno prossimo) stanno contribuendo in larga misura a mettere in discussione l’egemonia degli USA, creando un forte contrappeso a questa, che mancava da decenni e modificando potentemente i rapporti di forza a livello mondiale.
Un altro importante tassello di questo sconvolgimento globale, anche se uscito fuori dalle cronache (non a caso), è dato dall’ormai evidente fallimento della controffensiva ucraina, e, più in generale, della sconfitta di questa contro la Russia, cosa che si traduce in ultima analisi come una sconfitta della strategia della NATO, che in questa guerra è stata sempre pesantemente coinvolta, investendovi non poche risorse.
Dunque, ritornando al conflitto Israele – Gaza, il rischio di una guerra su larga scala e dagli sviluppi imprevedibili e non poco inquietanti, è enorme.
Anche perché il massacro della popolazione palestinese a Gaza sta provocando delle forti reazioni a livello mondiale, soprattutto, com’era da prevedersi, nei paesi arabi e islamici. Delle vere e proprie sollevazioni popolari e di massa, con manifestazioni oceaniche e assalti alle ambasciate israeliane e statunitensi si stanno avendo in numerose città, da Beirut, a Rabat, ad Amman e a tante altre. Sempre più frequenti sono gli inviti, da parte degli USA, ma anche di governi europei, ad evacuare le proprie ambasciate in paesi arabi/islamici, come sta accadendo ad esempio nel Libano.
L’Italia non è esente da queste dinamiche e infatti a Tripoli, la capitale libica, è stata contestata anche la sua ambasciata, colpevole di essersi schierata con gli USA e con Israele. Stesso discorso riguarda naturalmente le ambasciate di Francia, Regno Unito e altre.
La spinta popolare è talmente forte, che riesce a condizionare anche l’operato dei governi locali e infatti il re giordano Abd Allah II – da sempre filo-occidentale – ha dovuto disdire l’incontro previsto con Biden.
Non è affatto da escludere che alcuni paesi arabi/islamici siano spinti ad intervenire in questo conflitto, anche perché Israele, non contenta del genocidio che sta perpetuando nella Striscia di Gaza, non si risparmia nemmeno in attacchi alla Siria, bombardando gli aeroporti di Damasco e Aleppo.
Questi eventi si vanno ad aggiungere ad altri già precedentemente in corso, ossia la rivolta di qualche mese fa nel Niger contro i francesi, che sono stati cacciati via da quel paese. Rivolta che è servita da stimolo per una serie di dinamiche simili in altri paesi africani, per decenni sottoposti ad una condizione di semi-colonialismo di fatto.
Tutte queste dinamiche, e in modo particolare le manifestazioni popolari, sono dirette, come già detto, soprattutto contro Israele e gli Stati Uniti, ma anche contro i paesi europei. Parliamo di tutti quei paesi che hanno esercitato un dominio coloniale prima e neo – coloniale dopo. Diciamo pure imperialista, se consideriamo che tale dominio si stava caratterizzando sempre più come oppressione e sfruttamento economico, che come mera egemonia politica.
Dunque si sta sviluppando, a livello mondiale, una vera e propria lotta di massa di natura antimperialista. Le popolazioni – e spesso anche i governi – dei paesi africani, asiatici e sudamericani si stanno apertamente sollevando in molti modi contro il dominio finora esercitato da parte dei paesi occidentali nei loro confronti, andando sempre più a sconvolgere l’ordine mondiale uni-polare a trazione USA uscito fuori dopo la fine della Guerra Fredda a seguito della caduta del Socialismo Reale.
A conferma di ciò, abbiamo, a livello più istituzionale, un’intraprendenza sempre maggiore da parte soprattutto di Russia e Cina, che una volta avrebbero taciuto su quanto sta accadendo a Gaza, mentre ora non più.
Se la Russia – peraltro in quell’area reduce da un recente intervento militare diretto in Siria negli anni scorsi – sostiene con Putin che la guerra scoppiata a Gaza dimostra il fallimento degli Stati Uniti nella regione, Xi Jinping promuove l’Egitto per un intervento di mediazione, che possa portare alla pace e in futuro alla soluzione del conflitto Israele – Palestina con la formula “due popoli – due stati”.
Il mondo sta cambiando.