Le ultime elezioni nei due Laender tedeschi della Turingia e della Sassonia hanno visto – non troppo a sorpresa, per la verità – dei risultati che stravolgono il sistema politico della Germania.
In modo particolare abbiamo assistito ad un successo soprattutto del partito di destra, Alternative Fuer Deutschland (Afd), che nel primo dei due Land è addirittura il più votato (33,1%), mentre in Sassonia (30,6%) è di pochissimo sotto la CDU (32%).
Pessimo risultato per i socialdemocratici, il partito di Olaf Scholz (tra il 6 e il 7%), per non parlare dei Verdi e dei liberali della Fdp, che sono fuori dal Parlamento. Ma si tratta, come già accennato, di risultati in larga parte attesi.
L’unica vera sorpresa è stata un’altra e di orientamento opposto: nei due Laender tedeschi spicca l’affermazione della neonata forza politica “Bundnis Sahra Wagenknecht”, la quale ha raggiunto il 15,8% dei consensi in Turingia e l’11,8% in Sassonia (peraltro in elezioni che hanno visto un’elevata partecipazione al voto), risultando in entrambi i casi la terza forza politica.
Insomma, assistiamo ad una chiara sconfitta per il Governo Scholz.
Certo, va tenuto presente che si tratta di due Laender che facevano parte della ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e quindi presentano una loro specificità, il che in ogni caso testimonia di come, nonostante la tanto sbandierata riunificazione, in questi decenni non ci sia mai stata una vera integrazione.
Tuttavia, in attesa di conoscere come voteranno gli altri tedeschi, non si può non notare come tale risultato si presenti assai simile a quello delle recenti elezioni in Francia, dove abbiamo assistito alla debacle di Macron.
A che cosa sono dovuti questi risultati? Con tutta probabilità i fattori principali sono due e, neanche a dirlo, strettamente collegati tra di loro.
Il primo è di sicuro il problema della guerra.
Difficile non pensare – per quanto riguarda la Francia – che le “sparate” di Macron sulla necessità di inviare soldati degli altri paesi europei in Ucraina non abbiano contribuito, assieme ad altri fattori, alla sua sconfitta elettorale.
In Germania il governo di Olaf Scholz è parso decisamente debole e non solo perché sulla guerra si è sempre allineato alle decisioni dell’UE e della NATO (che in ultima analisi riflettono gli interessi degli Stati Uniti), ma anche perché non ha avuto il coraggio di dire nulla di fronte ad un attacco senza precedenti ad un’opera vitale per l’economia tedesca, come il Nord Stream II, e continua a tacere, nonostante le evidenti responsabilità ucraine e degli USA (i quali per bocca del presidente Biden, avevano già preannunciato che tale infrastruttura non avrebbe mai funzionato).
Quindi i diffusi timori di una guerra che potrebbe facilmente allargarsi ben oltre i confini dell’Ucraina, per dilagare in Europa non possono certo premiare quei capi di Stato e quelle forze politiche che non fanno altro che alimentare le tensioni con la Russia, rifiutando un ruolo di mediazione e anche solo di parlare di trattative.
Il secondo fattore è prettamente economico.
Da una parte gli aiuti crescenti all’Ucraina stanno sempre più dissanguando vari paesi europei, i quali dovranno, se già non lo fanno, tagliare sempre più le spese per pensioni, sanità, servizi sociali, ecc.
Dall’altra stanno emergendo col tempo in modo sempre più drammatico gli effetti delle sanzioni che l’UE – dietro evidenti pressioni di Washington – ha emanato contro la Russia, il cui gas a basso prezzo è stato finora un fondamentale fattore per il nostro sviluppo economico, e segnatamente per quello tedesco.
Che la Germania stia per andare incontro ad una pesante recessione economica è un fatto ormai acclarato (anche se i nostri mass-media tentano in tutti i modi di occultare la cosa).
L’ultima clamorosa notizia è data dal recentissimo annuncio che la Volkswagen potrebbe chiudere, per la prima volta in 90 anni, uno stabilimento automobilistico. Stiamo parlando di un vero e proprio uragano in un paese, che è considerato il “motore d’Europa”.
Sono queste incertezze che finiscono per punire le forze dell’establishment, aggravate, nel caso della Germania, dalla conduzione di Scholz, che appare debole, anche in confronto al precedente cancelliere Angela Merkel.
A proposito di elezioni tedesche, due parole vanno spese su quella che è stata, come già accennato, la vera sorpresa della tornata elettorale: l’affermazione della BSW, nata appena lo scorso anno, da una scissione dalla Linke. Anche perché è un risultato che parla direttamente a noi.
La forza politica capitanata da Sahra Wagenknecht ha avuto il merito – per quanto riguarda la guerra contro la Russia – di presentarsi chiaramente contraria a ogni escalation e quindi anche all’invio di ulteriori soldi e armi all’Ucraina. Dunque senza le ambiguità, quando non complicità, del resto della “sinistra” tedesca e degli altri paesi europei (i Verdi in modo particolare).
Tale forza politica per la verità è vista in modo controverso nel mondo politico europeo, e soprattutto italiano, anche nelle forze di sinistra, ed è tacciata di essere populista e “rossobruna”, soprattutto a causa delle sue posizioni poco favorevoli all’immigrazione (nonché “filo-putiniana” per la sua contrarietà alla guerra).
Va rivelato tuttavia che proprio sul tema dell’immigrazione la sinistra europea nel complesso – sicuramente almeno quella italiana – sconta un tremendo ritardo e un’insufficienza di analisi, che non aiutano, soprattutto nel rapporto con i ceti popolari, ai quali non basta certo parlare solo di “accoglienza”, senza entrare nel merito delle contraddizioni che la gestione capitalistica del fenomeno produce.