Gramsci nei suoi scritti considerò sempre che ogni crisi generale produce una catastrofe dei caratteri individuali e collettivi dell’essere umano di fronte a sfide improvvise, dure e violente. Il fenomeno si sta ripetendo con il post coronavirus. La pandemia ci presenta il conto sfruttando il delirio di onnipotenza del mercato globale capitalista con milioni di infetti, migliaia di deceduti, 200 milioni di posti di lavoro bruciati, eccetera, eccetera. Di fronte a questi dati e alla paura che invade il pianeta vediamo che: “…uomini normalmente pacifici, dare in scoppi repentini di ira e ferocia. Non c’è, in realtà, niente di repentino: c’è stato un processo «invisibile» e molecolare in cui le forze morali che rendevano «pacifico» quell’uomo, si sono dissolte.”
Cito un passo di Gramsci per tentare di capire come sfrutterà l’onda la destra mondiale e come dovremmo da antifascisti reagire. Ad esempio: contrastando tenacemente le teorie negazioniste sul virus, come viene interpretato dalla destra mondiale, mentre i medici in alcuni paesi dell’America latina, denunciano per genocidio i loro presidenti di destra, per le loro gravi e disumane responsabilità di fronte all’emergenza sanitaria. Allora, ci ritorna utile Gramsci, il quale parla di “sdoppiamento della personalità di fronte alla violenza improvvisa per qualcosa di non previsto”. Dire un giorno che il virus non esiste e il giorno dopo, accusare gli immigrati di portare il virus è un segno di integrità mentale? Cosa diversa sarebbe dire: cari prefetti e forze dell’ordine, come mai le persone scappano dai centri di quarantena, forse ci dovete qualche spiegazione? Nel merito, il Governo deve accogliere gli immigrati e contemporaneamente garantire la salute pubblica, e alzare la voce con chi non fa il proprio dovere sul campo, mentre vediamo su questo terreno una rincorsa a destra di alcuni esponenti di governo e troppi silenzi della maggioranza sull’operato delle forze dell’ordine preposte alla gestione dei flussi immigratori. Viceversa, la destra erede del regno delle paure fomenta, alimenta e sfrutta l’onda del momento, in quanto a sinistra ci sono ancora troppi vuoti e tentennamenti sulla rotta da intraprendere. Per questa ragione di seguito pubblichiamo estratto dalle “ lettere dal carcere” del 6 marzo 1933 di Antonio Gramsci:
“…Immagina un naufragio e che un certo numero di persone si rifugino in una scialuppa per salvarsi senza sapere dove, quando e dopo quali peripezie effettivamente si salveranno. Ognuno di costoro, se interrogato a freddo cosa avrebbe fatto nell’alternativa di morire o di diventare cannibale, avrebbe risposto, con la massima buona fede, che, data l’alternativa, avrebbe scelto certamente di morire. Avviene il naufragio, il rifugio nella scialuppa ecc. Dopo qualche giorno, essendo mancati i viveri, l’idea del cannibalismo si presenta in una luce diversa, finché a un certo punto, di quelle persone date, un certo numero diviene davvero cannibale.
Ma in realtà si tratta delle stesse persone ? Tra i due momenti, quello in cui l’alternativa si presentava come una pura ipotesi teorica e quella in cui l’alternativa si presenta in tutta la forza dell’immediata necessità, è avvenuto un processo di trasformazione « molecolare » per quanto rapido, nel quale le persone di prima non sono più le persone di poi e non si può dire, altro che si tratti delle stesse persone.
…In questi casi la personalità si sdoppia : una parte osserva il processo, l’altra parte lo subisce, ma la parte osservatrice (finché questa parte esiste significa che c’è un autocontrollo e la possibilità di riprendersi) sente la precarietà della propria posizione, cioè prevede che giungerà un punto in cui la sua funzione sparirà, cioè non ci sarà più autocontrollo, ma l’intera personalità sarà inghiottita da un nuovo « individuo » con impulsi, iniziative, modi di pensare diversi da quelli precedenti. … Questo fatto da individuale può essere considerato collettivo … Il dramma di tali persone consiste in ciò: Tizio prevede il processo di disfacimento, cioè prevede che diventerà…cannibale, e pensa: se ciò avverrà, a un certo punto [del processo] mi ammazzo. Ma questo «punto» quale sarà? In realtà ognuno fida nelle sue forze e spera nei casi nuovi che lo tolgano dalla situazione data. E così avviene che (salvo eccezioni) la maggior parte si trova in pieno processo di trasformazione oltre quel punto in cui le sue forze ancora erano capaci di reagire sia pure secondo l’alternativa del suicidio...Questo fatto è da studiare nelle sue manifestazioni odierne. Non che il fatto non si sia verificato nel passato, ma è certo che nel presente ha assunto una sua forma speciale e… volontaria. Cioè oggi si conta che esso avvenga e l’evento viene preparato sistematicamente, ciò che nel passato non avveniva (sistematicamente vuol dire però «in massa» senza escludere naturalmente le particolari «attenzioni» ai singoli). È certo che oggi si è infiltrato un elemento «terroristico» che non esisteva nel passato, di terrorismo materiale e anche morale, che non è sprezzabile. Ciò aggrava la responsabilità di coloro che, potendo, non hanno, per imperizia, negligenza, o anche volontà perversa, impedito che certe prove fossero passate. [Contro questo modo di vedere antimoralistico c’è la concezione falsamente eroica, retorica, fraseologica, contro la quale ogni sforzo di lotta è poco].”
Lettere dal carcere. Edizione Editori Einaudi pag. 803 – anno 1947
Il linguaggio di Gramsci ritorna straordinariamente attuale nel 2020. Eventi sanitari eccezionali, distruzione del carattere, trasformazione molecolare dell’individuo e del comune sentire, sdoppiamento della personalità sono termini che segnano anche l’era delle pandemie. Parlo di comunità, società, uomini e donne in carne e ossa che sentono sulla loro pelle il pericolo e il rischio di non avere un futuro. Intervenire e ragionare come prosciugare questi eventi morbosi e violenti non è compito della politica e di una nuova battaglia delle idee? Ci servono interventi pratici e concreti, ma serve anche un orizzonte da percorrere, rimettendo sul giusto binario le domande e le inquietudini popolari. Ad esempio:
Come era la nostra vita prima del corona virus, e come è adesso? In realtà siamo ancora le stesse persone di qualche mese fa? Siamo sicuri che prima andava tutto bene, ne siamo certi? Ripeto e insisto, se 120 milioni di persone in tutto il pianeta rischiano di rimanere senza lavoro, solo nel settore del turismo mondiale è chiaro; che perdere il lavoro e perdere la propria funzione nella società produce un panico senza precedenti nella storia recente dell’umanità, per Imprese, lavoratori, artigiani, commercianti, disoccupati, studenti. Non sprechiamo la crisi, questo dovrebbe essere il nostro slogan, come per i contadini del napoletano del 600, dopo la peste di Napoli. Allora morì meta della popolazione, e i contadini sopravvissuti pochi e mal pagati riuscirono ad ottenere con le rivolte, condizione economiche migliori per loro e le loro famiglie da parte dei grandi proprietari terrieri dell’epoca. Il GPS della storia ci può orientare, sapendo che, la risposta non è pronta, ne sta dietro l’angolo, ma scegliere il cannibalismo reazionario, sarebbe un suicidio senza appello, e ci porterebbe solo fame, guerra, miseria, e su questo dato storico sfido chiunque a dimostrare il contrario.