Seconda puntata
Continuiamo il nostro viaggio tra le pieghe dei servizi pubblici e mettiamo sotto i riflettori il caso “acqua pubblica”. Dopo il referendum del 2011, l’accesso ai servizi essenziali e la loro natura pubblica e universale sono stati trattati alla stessa stregua dei contadini narrati da Silone nel famoso libro Fontamara.
Cosa viene raccontato nel famoso romanzo? Ambientato nell’Italia degli anni 30, si narra di come, con la connivenza delle istituzioni fasciste, furono incanalati tutti i ruscelli del paese di Fontamara verso le terre dell’Impresario, il più importante imprenditore locale per rendere fertili e produttive solo e soltanto le sue proprietà agricole. I contadini del posto protestarono e di fronte alla loro sommossa, l’avvocato del boss del paese, Don Circostanza, li convinse di accettare un accordo per cui “tre quarti” di acqua andrà all’Impresario e “tre quarti” al paese: “Tre quarti de che!” Avete capito bene. Totò non avrebbe saputo inventare una battuta migliore. Anche oggi, tutti i tentativi dei vari governi di mantenere privati i servizi essenziali urbani, hanno quel senso tragico e truffaldino dell’avvocato di Fontamara. Ma oggi siamo più moderni usiamo altri mezzi per fregare i “cafoni”: basta vendere quote azionarie, è un sistema più chic e soprattutto un metodo poco rumoroso.
Lor signori ancora nel 2019 non riconoscono che la volontà popolare espressa con il referendum del 2011 con circa 27 milioni di voti, imponeva e impone la ripubblicizzazione dell’acqua e di tutti i servizi locali essenziali. Ricordiamo a tutti che il referendum manifesta sempre una volontà definitiva e irripetibile, per cui l’abrogazione referendaria di una norma non consente al governo la scelta di resuscitare, anche a solo titolo transitorio, le vecchie privatizzazioni abrogate dal voto popolare. Il referendum del 2011 toglieva e toglie dalle mani degli operatori economici i beni comuni. Clamorosamente, da allora ad oggi, i mancanti atti conformi alla legge da parte di governi e enti locali non sono stati soltanto un incidente di percorso.
La mancata ripublicizzazione dell’acqua e dei servizi locali essenziali ha prodotto profitti illeciti in netto contrasto con l’esito referendario. I manager-pirati hanno violato la costituzione, depredato la cosa pubblica, scippato illegittimamente risorse economiche alle casse pubbliche, prodotto sfruttamento dei lavoratori del settore e negato ai cittadini qualità ed efficienza dei servizi forniti. Oggi si paga il trasporto dell’acqua, ma non si è mai visto nessuno bussare alla porta per consegnare due taniche di acqua! Gli impianti sono stati pagati insieme alla rete idrica da tutta la collettività attraverso la fiscalità generale. Quale ulteriore trasporto c’è da pagare? Basta leggere le relazioni di Medio Banca per capire quale è la gestione societaria di Acea.
ACEA E I PROFITTI DEL PERIODO 2013-2018
Acea è suddivisa in sottogruppi gestionali, come Acea Ato 2 controllata da Acea Holding, che gestisce il servizio idrico per oltre 4 milioni di cittadini di Roma e provincia e nel 2016 Acea Holding ha registrato un risultato netto positivo di ben 643 milioni di guadagni, dei quali 90 sono venuti da Acea Ato 2. Bene! Direbbe Don Circostanza. Possiamo investire! Ma dove e per chi? Vediamo quello che è sotto gli occhi di tutti i romani in merito alle condizioni del sistema viario e idrico capitolino.
Gli investimenti per migliorare e adeguare la rete sono stati per molti anni poco più che simbolici. Lo dicono i fatti:
• Il 60% dei 5.400 kilometri di tubi di cui è composta la rete della Capitale è stato posato più di 30 anni fa, il 25% del totale ha addirittura più di 50 anni di vita.
• Questo ha comportato un livello eccezionale di perdite: su 100 litri di acqua captata con gli acquedotti del Peschiera e del Capore, dall’Acqua Marcia e da altre sorgenti come il lago di Bracciano, ben 44,5 venivano perdute per strada. In parte per perdite fisiologiche, in parte per abusivismo; ma il grosso di questa immensa massa di acqua finisce letteralmente nel nulla.
RISORSE DISPONIBILI O INDISPONIBILI
• Il grosso degli investimenti effettuati da Acea, circa 500 milioni nel corso di diversi anni, ha invece riguardato il settore delle fognature e della depurazione? Parliamo d’Investimenti «obbligati», per evitare sanzioni comunitarie. Queste risorse per anni sono state ripartite tra i soci attraverso i dividendi (l’anno scorso il Comune ha intascato una cedola da 67 milioni) oppure impegnate per proseguire la campagna di espansione anche in campo energetico, che ha reso Acea una delle più grandi e remunerative multiutilities del Paese.
• Da un anno alla guida di Acea Holding, la sindaca di Roma Virginia Raggi ha indicato come amministratore delegato Antonio Donnarumma. Secondo fonti aziendali, in due mesi è stata avviata un’iniziativa straordinaria che ha portato alla riparazione di 3.000 dei 5.400 kilometri di rete di Acea Ato2.
• Una complessa operazione che proseguirà e che ha ridotto le perdite in misura ancora non quantificabile. Per gli investimenti nel 2017 inizialmente erano stati stanziati 77 milioni (70 nel 2016), ma spiega Acea che a consuntivo si andrà oltre in modo significativo.
• Ricordiamo che il risultato netto del gruppo cresce in valore assoluto del 49,9%. Il risultato netto di competenza del gruppo si attesta a 262,3 milioni di euro e registra una crescita di 87,4 milioni di euro (+ 49,9%). Grazie al positivo contributo della gestione finanziaria, il risultato netto di competenza del Gruppo, rettificato delle partite straordinarie del 2016, si attesta a 210,5 milioni di euro in crescita del 20,3%. Tuttavia, il presidente di ACEA, Donnarumma, recentemente ci ha fatto sapere che l’azienda non ha in cantiere neanche un euro e che i milioni di euro guadagnati da Acea rimangono in azienda. I fondi per aumentare la capacità idrica della Capitale mediante il raddoppio del Peschiera saranno a capo del Governo e delle Istituzioni pubbliche. Quindi dei cittadini. In sintesi: se Acea si preoccupa delle sue tasche guardando anche oltre confine con investimenti in Honduras, Perù e Kazakistan, alla crisi idrica di Roma dovranno pensarci i cittadini pagando le loro bollette. Ergo, figuriamoci quali risorse certe ci saranno per risolvere il dissesto viario e idrogeologico. Le buche viarie restano lì come sono e come saranno…una nuova street art ?
Ritorna il metodo Don circostanza: la cassaforte della città pubblica, cioè Acea, è in mano agli azionisti privati. Per l’interesse pubblico c’è tempo, state sereni! Negli ultimi 30 anni i nostri sindaci, compreso l’attuale, hanno fatto a gara a nominare ex palazzinari nei vari Cda delle municipalizzate pubbliche. Le loro perfomance sono sotto gli occhi di tutti, così come il declino della città. Qualche volta ricordare fa bene, aiuta a capire dove stanno loro e dove sta la storia di liberazione della Roma popolare. Una storia che sta in direzione opposta e contraria ai protagonisti odierni della direzione economica e politica Romana. Il viaggio continua…cosi è, cosi è stato, cosi non sarà per sempre!