Il 15 e il 16 di settembre scorsi si è tenuto il vertice dei capi di Stato dei paesi della SCO (Organizzazione per le Cooperazione di Shanghai) nella città storicamente simbolica di Samarcanda.
I mass-media italiani e occidentali hanno dato poco risalto a tale evento, come di solito accade per tutte le notizie che mettono in risalto come sta cambiando il mondo.
Cos’è la SCO?
Nata nel giugno 2001, inizialmente raggruppava cinque paesi asiatici (Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan) ed era un’organizzazione essenzialmente economica. In seguito si unì l’Uzbekistan e poi, nel 2017, anche India e Pakistan. Ed è in continua espansione: oltre all’adesione dell’Iran – di cui parleremo più avanti – sono osservatori e/o in candidati ad aderire, una lunga serie di paesi come Mongolia, Bielorussia, Armenia, Afghanistan, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Sri Lanka, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e persino l’Egitto.
Praticamente parliamo di una popolazione complessiva che sfiora la metà di quella mondiale e di un PIL complessivo che lambisce il 30%.
Peraltro interessante è notare come la SCO stia portando paesi storicamente ostili a incontrarsi e a dialogare fra loro, in un’ottica di accordi vantaggiosi reciproci. Pensiamo, tanto per fare un esempio, alle tensioni passate tra Cina e India e tra quest’ultima e il Pakistan.
Al vertice di Samarcanda sono diversi i temi toccati e si sta configurando un organismo che allarga sempre più le sue competenze, andando oltre i rapporti strettamente economici e che discute di sicurezza, di lotta al terrorismo e alle “rivoluzioni colorate” (veri e propri colpi di Stato “moderni”, camuffati da rivolte popolari e per lo più organizzati e controllati dalla CIA).
Rilevante è anche il fatto che, pur auspicando un po’ tutti la pace e quindi la fine del conflitto in Ucraina, nessuno dei paesi aderenti ha accettato la risoluzione di condanna alla Russia voluta dagli Stati Uniti e meno che mai ha aderito alle sanzioni contro di essa. Anche questo fatto rivela l’esistenza di un clima sostanzialmente pacifico e di collaborazione tra tutti questi paesi.
L’importanza della SCO, anche all’interno della dinamica che vede il mutamento dei rapporti di forza a livello mondiale e il passaggio da un mondo unipolare – egemonizzato dall’Occidente e soprattutto da Washington – ad uno multipolare, sta nel fatto che i paesi aderenti, e quelli che stanno in procinto di entrare, presentano tassi di crescita economica molto superiori a quelli dei paesi del G7, per cui è altamente probabile che in un futuro non lontano tale organismo – che peraltro si associa al BRICS, che comprende anche Stati non asiatici – arriverà a comprendere paesi con un PIL complessivo che potrebbe superare il 50% di quello globale.
Inoltre si stanno adottando misure per sganciarsi progressivamente dalla valuta del dollaro per gli scambi, usando quelle degli Stati membri e già si parla anche di realizzare una nuova valuta apposita. Non proprio una bella notizia per gli USA.
Al vertice di Samarcanda tra l’altro è stata sancita l’adesione allo SCO da parte dell’Iran e in futuro potrebbero aderire anche paesi strategicamente significativi come la Turchia (membro della NATO) e l’Arabia Saudita, il maggior esportatore mondiale di petrolio.
Da notare, per quanto riguarda Teheran, che questo paese oltre ad entrare nell’organismo in questione, ha anche siglato degli accordi economici petroliferi che riducono sostanzialmente l’utilizzo del dollaro negli scambi, suscitando malumori a Washington.