PERCHE’ IL 5 APRILE MANIFESTEREMO A ROMA CONTRO LA GUERRA

Il 5 aprile parteciperemo alla manifestazione, indetta dal Movimento 5 stelle, contro l’affermazione a livello europeo di una economia di guerra che porta all’aumento delle spese militari e contro la guerra e per la pace in Ucraina. Ma manifesteremo anche contro il genocidio palestinese e per la fine dei bombardamenti israeliani su Gaza e sul Libano.

Stiamo attraversando una fase storica molto importante e delicata. La Ue si sta rivelando ancora una volta una organizzazione reazionaria. Dopo decenni in cui ci è stato detto che l’aumento del debito e del deficit pubblici erano il male assoluto, la Commissione europea ha stabilito che ci si può indebitare per le armi e non per la sanità, l’istruzione, il welfare state. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha lanciato un programma di riarmo, Rearm Europe, di ben 800 miliardi. Il testo è stato presentato direttamente al Consiglio europeo, formato dai capi di governo della Ue, sulla base dell’articolo 122 dei trattati europei che consente di bypassare il parlamento europeo.

Altrettanto grave è quanto sta accadendo in quella che è stata chiamata la coalizione dei volenterosi, che, guidata da Regno Unito e Francia, si oppone alla trattativa in corso per arrivare a una conclusione della guerra in Ucraina e sta lavorando per inviare truppe europee sul campo in Ucraina. L’invio di truppe di paesi europei e Nato in Ucraina sarebbe immediatamente considerato una provocazione dalla Russia. Si tratta, quindi, di una prospettiva assurda, tanto più di fronte al cambiamento di linea degli Usa di Trump, che, certo non per conversione al pacifismo ma per calcoli geo-politici, stanno lavorando per la fine del conflitto.

C’è un legame molto stretto tra la crisi del capitale, che si manifesta in modo molto netto in Europa occidentale, e la tendenza al riarmo e all’imperialismo. Ne è dimostrazione plastica quanto sta avvenendo in Germania, paese in recessione da due anni e con una crisi industriale gravissima. Qui, nel paese che più di ogni altro aveva fatto della disciplina di bilancio un articolo di fede, la Spd e la Cdu hanno fatto passare spese militari a debito per 200 miliardi. Per farlo, si è fatto votare il vecchio parlamento, prima dell’insediamento di quello recentemente eletto, perché nel nuovo parlamento Afd e Die Linke avrebbero avuto i voti per bloccare il provvedimento. L’Europa sta, quindi, entrando in una economia di guerra, basata sul “keynesismo militare”.

L’autonomia dagli Usa in campo militare, tanto decantata da molti europeisti, è, in realtà espressione di una rinnovata tendenza imperialista, che si maschera dietro la “minaccia russa”. La verità è che la Russia non ha alcun interesse a attaccare l’Europa e la Nato. La Russia, con 150 milioni di abitanti e un territorio che è il più grande del mondo ed è ricco di materie prime di ogni genere, non ha interesse a espandersi a occidente. È vero, invece il contrario. È la Nato che, contro ogni promessa fatta al momento della dissoluzione del Patto di Varsavia, si è allargata a oriente fino ad arrivare a ridosso della Russia. Kaja Kallas, responsabile Ue per la politica estera, ha dichiarato che vorrebbe una Russia frantumata in tanti piccoli stati in lotta fra di loro e che gli europei dovrebbero prepararsi alla guerra contro la Russia. Senza considerare, inoltre, che la Russia ha il maggior numero di testate nucleari del mondo.

Siamo, quindi, davanti a un tornante della storia molto grave. Non è un caso che il partito comunista tedesco e l’Alleanza Sahra Wagenknecht abbiamo evocato, in occasione del voto nel Parlamento tedesco sul pacchetto di spese per il riarmo, il fantasma del 1914 e del voto per i crediti di guerra da parte di molta parte dei partiti socialdemocratici europei. Oggi, come allora, la questione della guerra imperialista è discriminante e richiede che ci si schieri “senza ma e senza se” per la pace e per l’uscita dalla Nato e dalla Ue.

La manifestazione del 5 aprile potrà essere un segnale che, se avesse una riuscita di massa, potrebbe far ripartire una mobilitazione in Italia che cominci ad aprire una crepa nel muro di rassegnazione ed ineluttabilità dei processi in atto.

Tanto maggiore sarà la partecipazione alla manifestazione tanto di più la forza che l’ha promossa, il Movimento 5 stelle, sarà inchiodata in termini di credibilità sulle sue scelte future.

Per questo motivo riteniamo sarebbe molto importante che, aldilà delle distanze con la storia o le posizioni articolate del Movimento 5 stelle, tutte le forze esplicitamente contro il riarmo e la guerra, come quelle che hanno promosso la contromanifestazione alla piazza convocata da Serra, mandino delegazioni e partecipino in maniera visibile. Molti segnali in questi ultimi giorni vanno in questa direzione e molte sono le forze della sinistra comunista e radicale che stanno dando indicazione di partecipare.

L’ambizione di ricostruire un movimento largo contro la guerra può prendere spazio se si riesce, anche sul piano simbolico, ad unire “Piazza Barberini” con la manifestazione del 5 aprile come lievito che rilanci in forma di lotta un dibattito di massa contro il piano inclinato verso cui il mondo sta precipitando.

Allo stesso tempo crediamo necessario dovrebbe essere generoso ed intelligente l’atteggiamento del Movimento 5 stelle verso questo necessario allargamento.

Questo non è più il tempo di alchimie politiciste, di tatticismi esasperati legati alla sopravvivenza politica più o meno significativa. Il Movimento 5 stelle è ormai da anni in cerca di una nuova identità, pena la sua estinzione, ed è spesso imbrigliato nella logica del “campo largo” dove l’alternativa alla Meloni si gioca sul solito terreno di ambiguità sulle questioni fondamentali. Quello è e sarà il suo destino se nel Paese non accade qualcosa di importante che cambi il segno del dibattito politico.

Da questo punto di vista le dichiarazioni della Schlein, sul Governo che non ha una posizione univoca sulla politica estera, sono colpi sparati a salve visto che in Parlamento non esiste un’opposizione coesa proprio sulla politica estera.

Pochi mesi fa scrivevamo su questa rivista della necessità del fare politica nel mondo in cui siamo e non in quello che vorremmo fosse. Su questo punto facevamo riferimento alla necessità che quel che resta di organizzato della sinistra comunista e di sinistra radicale ricercasse un dialogo con il Movimento 5 stelle per aprire la possibilità di costruire un fronte il più largo possibile contro la guerra. Questo, ne siamo certi, in qualche modo porrà il tema anche ad AVS che, dinnanzi a dinamiche di movimento, sarebbe costretta ad andare oltre la volontà di essere la copertura a sinistra del centrosinistra. In questo caso se è chiaro il rischio che tutto venga riassorbito nella logica di un “gioco delle parti” nel centrosinistra, è altrettanto chiaro che se nulla si muoverà quella sarà la naturale conseguenza.

In termini di visibilità il Movimento 5 stelle ha la responsabilità di essere il lievito politico e mediatico dei contenuti della manifestazione, ma la sua responsabilità è ancora di più legata a non fare di questa piazza un semplice strumento propagandistico legato al suo destino politico da giocarsi in qualche tavolo. Ma questo non dipende solo dal Movimento 5 stelle ma da quanto il 5 aprile non sarà solo la sua piazza e soprattutto se sarà l’inizio di una nuova mobilitazione.

In ogni caso è di questi tempi che le cose possono mutare. Ci vediamo il 5 aprile.