Quello che vorrei proporre è un ragionamento politico sul movimento delle “sardine” che in questi giorni sta appassionando e riempiendo, insieme alle piazze, tutti gli spazi mediatici possibili.
Facciamo un passo indietro. In Francia è in campo un’imponente mobilitazione sindacale e popolare che ha bloccato una parte della riforma delle pensioni proposta dal governo Macron e sta puntando al completo ritiro del progetto di legge. Macron è stato il candidato presidente che al secondo turno era il baluardo contro la Le Pen. Ricordate?
Ancora una volta in Francia un tessuto ancora non demolito di organizzazione e di lotta ha impedito, o comunque arginato, le spinte devastatrici di ciò che resta del welfare europeo. In quel Paese la combattività che si era vista con i gilet gialli lo scorso anno ha ripreso vigore arginando i tentativi, che pur ci sono stati, di riassorbire la lotta contro il progetto Macron a partire dalla demonizzazione mediatica dei ferrovieri che sono uno dei cuori pulsanti del movimento.
In Italia l’asfalto passato su tutti i tentativi di impedire alle politiche neoliberiste di distruggere i capisaldi del welfare ha coperto anche la capacità di lettura meno emotiva degli avvenimenti. In molti, in assenza di altro, si “accontentano” di ciò che fa rumore.
Non voglio con queste considerazioni mancare di rispetto a chi è sceso in piazza a Roma, nelle piazze d’Italia ed addirittura d’Europa in questi giorni. Vorrei solo ragionare su come quel potenziale di mobilitazione, che non ha la stessa composizione sociale di quella francese (e questo non è un dettaglio), corra il rischio di diventare uno strumento in mano a tutti tranne a coloro che le hanno riempite quelle piazze.
Il vuoto di contenuti con cui sono state chiamate le manifestazioni sono un pezzo di questo ragionamento. Un vuoto che sta tutto nella piattaforma debolissima di convocazione. Una piattaforma in cui appaiono dei punti che lasciano perplessi, come quelli che equiparano la violenza verbale a quella fisica oppure che “imporrebbero” a chi è nelle istituzioni di non fare propaganda politica, rinchiudendo il politico in una sorta di “gabbia neutrale”.
In generale, oltre al No a Salvini ed alla “politica della pancia”, ben poco di incisivo si è sentito riecheggiare tra le parole d’ordine. Questo aspetto, insieme ad una forte attenzione mediatica, aiuta a riempire le piazze perché tutti coloro che non sono con Salvini, in assenza di altre proposte politiche e di mobilitazione, sono lì. Gli stessi toni rassicuranti aiutano in questo senso. Ma l’alternativa a Salvini sul piano politico chi la rappresenta? Se i contenuti sono questi, insieme alle parole espresse dai leaders di questo movimento, basta un PD qualsiasi o un Macron italiano a metterli in atto. Non bisogna dimenticare che le Sardine cominciano proprio dentro la campagna elettorale in Emilia Romagna ed anche questo non è un dettaglio.
In Italia di “movimenti” di questa natura ce ne sono stati molti ed alla fine o hanno dichiarato fallimento oppure, all’altro estremo, sono diventati quello che oggi sono il movimento cinquestelle ovvero innocui per le classi dominanti, incapaci di dare risposte per i settori popolari.
L’utilizzo dell’antifascismo contro Salvini somiglia molto, con la differenza data dalla fase complessiva che attraversa l’Italia ed il mondo intero, a quello contro Berlusconi. Su questo ricordo che in nome dell’ antiberlusconismo il centrosinistra ha messo in atto tutte le politiche neoliberiste che hanno portato il Paese al punto in cui è ora. E portato Salvini ad i voti che ha ora.
Ciò che differenzia sul piano sociale la situazione di oggi è che attorno a Salvini ed alla destra c’è una parte rilevante della base di massa popolare che lo sosteneva quel centrosinistra. E, purtroppo, chiedere ai vasti strati popolari in crisi di essere semplicemente “buoni” senza dare loro risposte sociali all’altezza, mi sembra un’operazione che rischia di far aumentare i voti a Salvini e di non ostacolarlo. Ma questo si vedrà.
In questo dibattito quello che mi fa un po’ sorridere è quando si tende a ribattere ad una voce critica verso le “sardine” affermando che bisognerebbe stare zitti perché chi critica non è in grado di portare tanta gente in piazza. L’entusiasmo passivo fa male a chi è sceso in piazza. Infatti il problema non è avere episodicamente, anche per qualche mese, tanta gente in piazza. Non è una gara di quantità quella su cui bisognerebbe concentrarsi in questa situazione disastrosa ma è la qualità delle proposte che siano in grado di indicare una strada ai milioni di lavoratori che covano una rabbia che facilmente, in assenza d’altro, diventa preda del populismo di Salvini. Contro il populismo di destra non è l’antifascismo formale ed il filo europeismo ad essere vincente. Le sardine colorate della bandiera Europea non sono certo un ostacolo alla destra. La pancia va riempita o va proposto come fare per riempirla altrimenti ragionare con la testa è complicato. E questo è un tratto importante per capire anche il perché ci sia una differenza di composizione sociale tra quanto sta avvenendo in Francia e le cose di casa nostra. Le idee si muovono nella storia a partire dalla materialità delle contraddizioni e non in base ad un mondo di idee giuste in senso assoluto.
Infine volevo ricordare la manifestazione del 28 febbraio 2015 “Mai con Salvini”. Quella manifestazione fu un successo enorme ma non ebbe la stessa eco delle sardine. È solo un problema di come saper utilizzare i social network oppure non si diede risalto a chi metteva sia Renzi che il Capitano scemo sotto accusa?
In conclusione credo che i compagni dovrebbero aver capito che non basta muoversi. Bisogna provare a capire dove si vuole andare. Di solito chi guida il movimento, o lo eterodirige, lo sa, mentre chi è indietro, spesso, si illude di saperlo. Non mi pare sia la prima volta che accade.